Regia: Claire McCarthy

Soggetto: ispirato al libro Clarice Cliff di Lynn Knight.

Sceneggiatura: Claire Peate

Genere: Biopic

Cast: Phoebe Dynevor, Matthew Goode, Kerry Fox, Darci Shaw, Luke Norris.

Durata: 108 minuti

Origine: UK

Anno: 2021

Piattaforma: Sky

Staffordshire (Inghilterra), anni Venti. Clarice Cliff, nata in una famiglia operaia, di sera studia con passione pittura e scultura, mentre di giorno lavora in una delle tante fabbriche di ceramica della regione, stentando a rispettare orari e disciplina, impaziente com’è di abbandonare ogni apprendistato per esprimere liberamente le proprie idee innovative riguardo a forme e colori. Quando viene assunta come litografa alla Wilkinson, rischia di farsi licenziare subito per il furto degli scarti di argilla, che le servono per esercitarsi di nascosto. Ma il proprietario dell’azienda, Colley Shorter, rimane colpito dalla sua creatività e la promuove a modellista, unica donna e per di più molto giovane, in un reparto di uomini assai poco propensi a farle posto. La realizzazione delle brocche Toby che raffiguravano personaggi celebri, trionfo del kitsch inglese dell’epoca, sta stretta a Clarice, che di sua iniziativa produce oggetti per uso domestico all’insegna del colore e li propone non senza sfrontatezza durante una di quelle riunioni dei ceramisti alle quali non veniva mai invitata. Ben presto Shorter le assegna la Newport Pottery, un laboratorio tutto suo dove Clarice potrà realizzare la sua linea personale, Bizarre, così chiamata per le forme astratte, geometriche e colorate, tipiche della nascente Art Déco. Dopo un avvio altalenante, quasi mai compresa e talvolta apertamente osteggiata dal mondo maschile nel quale cerca di farsi strada, le sue creazioni dalle tinte accese e dal design insolito conquistano il pubblico femminile e le procurano un successo esplosivo. Insieme alla sua trovata di recuperare pezzi fallati coprendo le imperfezioni con sfumature e disegni, saranno le sue produzioni a consentire alla Wilkinson di rimanere in piedi anche durante la Grande Depressione.

Quando entra per la prima volta nella «stanza dei colori» e rimane a fissare estatica i grandi vasi di vetro con i pigmenti in polvere, Clarice Cliff fa simbolicamente il suo ingresso in un settore dell’arte della ceramica che è destinato a cambiare radicalmente proprio grazie a lei. Ispirato alla storia vera di una delle ceramiste inglesi più significative del XX secolo, il film riesce a restituire tutto l’entusiasmo e la freschezza di una donna che, nonostante la giovane età, sa attingere agli influssi culturali del suo tempo declinandoli secondo il suo gusto personale: sono evidenti, per esempio, le caratteristiche del cubismo nella progettazione di utensili da cucina come piatti e brocche poligonali, tazze con i manici triangolari e teiere a cono. Proponendo intarsi d’oro e pennellate spesse, colori grezzi e perfino quel giallo zafferano che aveva fama di essere invendibile, Clarice inventa un mondo nuovo, animata dalla sua irrefrenabile passione. Non a caso, la sua storia d’amore con Colley Shorter rimane sempre ai margini, perché Clarice è talmente concentrata sulla propria arte da apparire, se non distaccata, interessata solo fino a un certo punto a quello che le succede attorno e anche a chi entra nella sua vita. La natura, e in particolare piante e fiori, è un’altra costante del suo stile, annunciata nell’incipit dal luminoso croco giallo raccolto nel grigiore del paesaggio industriale inglese del primo Novecento. Dopo Bizarre, infatti, fu la collezione Crocus, completamente dipinta a mano, ad avere un successo dirompente, e i tre crochi, arancione, blu e viola con foglie verdi, avranno un tale successo da diventare il suo simbolo. Affidandosi alla talentuosa Phoebe Dynevor, eroina della serie tv Bridgerton, la regista australiana Claire McCarthy riprende il filo conduttore dei personaggi femminili forti e intraprendenti, già sperimentato con Ophelia, rilettura dell’Amleto shakespeariano dal punto di vista della donna amata dal principe danese, senza calcare la mano sulla tematica femminista che già emerge dal racconto della vita di Clarice. L’aspetto meno convincente, tuttavia, è la dimensione stereotipata della narrazione, priva di una rielaborazione critica personale, quando invece l’argomento si presterebbe a un excursus fuori dagli schemi. Ma nell’insieme il film è piacevole e interessante, e offre l’opportunità di conoscere un personaggio poco studiato e rappresentato fuori dalla cultura britannica.

Voto: ★★★

Lucia Corradini