Regia: Jimmy Chin, Elizabeth Chai Vasarhelyi

Soggetto: dal libro Find a Way, di Diana Nyad.

Sceneggiatura: Julia Cox, Diana Nyad

Genere: Sportivo, biografico

Cast: Jodie Foster, Annette Bening, Rhys Ifans, Erika Cho, Luke Cosgrove.

Origine: USA

Anno: 2023

Piattaforma: Netflix

Compiuti i sessant’anni, la nuotatrice di lunga distanza e giornalista sportiva Diana Nyad vuole provare a realizzare il sogno della sua vita: raggiungere a nuoto la Florida partendo da Cuba, impresa già tentata senza successo a fine carriera, quando era molto più giovane. Bonnie, sua amica di sempre e preparatrice atletica, sulle prime cerca di dissuaderla ricordandole le difficoltà e i pericoli che ha già sperimentato, ai quali ora si aggiunge l’età anagrafica. Ma la tenacia di Nyad è tale che Bonnie finisce per acconsentire ad accompagnarla come allenatrice. Sull’imbarcazione che seguirà costantemente Nyad da vicino ci sarà un piccolo equipaggio guidato da un navigatore esperto, incaricato di calcolare la rotta e di considerare i venti e le correnti al fine di individuare il momento propizio per la traversata. Se riuscirà a portare a termine quella fatica, Nyad diventerà la prima persona che abbia mai coperto a nuoto quel tratto di mare (177 chilometri) senza pause e senza gabbia di protezione anti-squalo.

Tratto dall’autobiografia Find a Way, il film, a differenza del libro, si limita ad accennare con qualche flashback alla difficile infanzia di Diana Nyad, segnata dall’abbandono paterno e dagli abusi sessuali da parte del suo allenatore, per concentrarsi invece sulla sua storica impresa. La trama ridotta al minimo evidenzia le doti e la forza d’animo di Diana: la sua costanza nell’allenarsi, la volontà e l’autodisciplina, la potenza fisica e la tecnica.

Ma la sua ambizione di sportiva che vuole conquistare un primato ed entrare nella storia non basterebbe senza lo spirito di gruppo, un tema classico dei film sportivi: l’amica e allenatrice, il navigatore, il naturalista esperto di squali, la capitana, il medico sono coloro che lavorano in sincronia per condurre Nyad sana e salva a Key West nonostante le bufere di vento, le correnti marine, le cubomeduse e la sofferenza fisica. E anche il nuoto, prevalentemente uno sport individuale, si rivela un’avventura che coinvolge un team, per quanto numericamente ridotto, nel quale spiccano le varie personalità, che devono convivere e convergere verso la meta.

Chi non abbia la passione del nuoto o non sia interessato al binomio sport-cinema, potrebbe non sentirsi particolarmente attratto da questo film. Ma c’è un aspetto che vale la visione: l’interpretazione di un trio di attori in stato di grazia. Due attrici di spessore come Annette Bening (Nyad) e Jodie Foster (Bonnie) costituiscono una garanzia, e le due protagoniste infatti brillano per credibilità e per l’assoluta, nonché risaputa, padronanza dei loro mezzi espressivi: la prima sfodera un’eloquenza carismatica e un atteggiamento marziale che ne fanno una Nyad all’ennesima potenza, e la seconda ci mette il cuore, l’intensità e la dimensione riflessiva che probabilmente nella realtà hanno reso possibile il sodalizio sportivo con l’eccentrica amica. Accanto a queste due autentiche forze della natura c’è un terzo personaggio, il navigatore John Bartlett, impersonato da Rhys Ifans, che ha al suo attivo una carriera come attore di teatro in lingua gallese e successivamente la partecipazione a un gran numero di film in varie ed eterogenee vesti, da quelle del neghittoso e stralunato coinquilino di Hugh Grant in Notting Hill fino al sornione Gruffudd del recente Divano di famiglia. In Nyad, Rhys regala al suo Bartlett una leadership autorevole ma improntata alla disponibilità, che in questo caso era forse l’unico contrappunto possibile alle due strabordanti protagoniste. E il suo personaggio, destinato ad affrontare il dolore non per scelta e per raggiungere un traguardo, ma perché così la vita ha deciso per lui, ridimensiona l’epica sfida natatoria, ricordando che spesso la quotidianità esige ancora più coraggio, e non certo allo scopo di conquistare una medaglia o stabilire un record.

L’eccessiva semplificazione della vicenda, tuttavia, penalizza il film. Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi avevano già realizzato nel 2018 Free Solo, un pluripremiato documentario sulla storica scalata di una parete rocciosa della Sierra Nevada. Questa volta, alle prese con un genere, la fiction, e un’ambientazione, il mare, completamente diversi, riescono a realizzare fluidi movimenti di macchina dentro e fuori l’oceano che garantiscono una notevole spettacolarità, ma non vanno oltre. Nyad raggiunge il suo scopo dopo tre tentativi falliti, eppure la regia non si cala mai negli abissi dei suoi stati d’animo durante e dopo le logoranti nuotate, fermandosi sempre sul pelo dell’acqua. Le allucinazioni e i deliri che la tormentano nelle ore finali dell’impresa sono rappresentati sbrigativamente, mentre una trasposizione visiva più accurata e una riflessione ulteriore sul possibile significato di curiose visioni come il Taj Mahal e la strada di mattoni gialli del Mago di Oz, avrebbero arricchito e approfondito il racconto. Nessun accenno, infine, alle contestazioni sorte in merito alla correttezza dell’impresa, tra cui la mancanza di osservatori neutrali e il ricorso ad ausili e supporti esterni, sempre vivacemente respinte dalla stessa Nyad.

Voto: ★★ e 1/2

Lucia Corradini