Regia: Lisa Siwe

Soggetto: dal libro Genombrottet: Så löste släktforskaren dubbelmordet i Linköping (titolo inglese The Breakthrough) di Anna Bodin e Peter Sjölund.

Sceneggiatura: Oskar Söderlund

Genere: True Crime

Cast: Peter Eggers, Mattias Nordkvist, Jessica Liedberg, Annika Hallin, Bahador Foladi, Helen Al-Janabi, Julia Sporre.

Durata: 4 episodi di 40 min

Origine: Svezia

Anno: 2025

Piattaforma: Netflix

Linkoping, Svezia, 2004. Nel verde pubblico di un tranquillo quartiere residenziale vengono ritrovati due cadaveri a pochi metri l’uno dall’altro: un bambino di origini libanesi e una donna che insegna in una scuola per stranieri, intervenuta, in base alla ricostruzione dell’omicidio, per difendere il bambino. Abitavano entrambi nello stesso quartiere ma senza conoscersi. L’identikit del killer, reso possibile da numerosi reperti sulla scena del crimine e dalla presenza di una testimone oculare, induce Jon Sundin, l’investigatore incaricato delle indagini, a richiedere un tampone per l’esame del DNA a tutti gli uomini tra i 15 e i 30 anni, con la ragionevole speranza di una soluzione in tempi brevi. Ma non andrà così. Nel 2020, dopo 16 anni di ricerche a tutto campo alle quali ha sacrificato la famiglia e la vita privata, Jon gioca l’ultima carta prima che il caso sia archiviato tra quelli irrisolti: la genealogia genetica forense, che nel 2018, in California, ha consentito di identificare il cosiddetto Golden State Killer, a quasi 50 anni dai crimini connessi. E finalmente, ecco LA PROVA.

Tratta da una storia vera, questa limited series di soli 4 episodi si fa immediatamente notare per il contrasto tra l’efferatezza dell’omicidio e la sobrietà del racconto: Adman e Gunilla sono stati uccisi a coltellate, e il bambino aveva solo otto anni. Pochi tocchi per rendere lo strazio dell’accaduto: da una parte, un banco di scuola vuoto, un dinosauro di plastica in mezzo alle foglie morte, una piccola mano insanguinata sotto il telo che copre il cadavere. Dall’altra, la devastante compostezza del marito di Gunilla, che rompe il proprio attonito silenzio, pesante come un macigno, per domandare, quasi sussurrando: ‘Cosa farò, adesso?’

Si entra nella vicenda in punta di piedi, all’inizio di un autunno dal cielo livido che preannuncia la neve di un simbolico inverno lungo 16 anni. Jon è un investigatore dai modi gentili, che persegue un unico scopo: dare una spiegazione dei fatti a chi ha subito in un solo istante una perdita inconcepibile. Sempre corretto e coerente con la propria etica, stenta a individuare un secondo fine nel comportamento del prossimo, e rivela la sua fragilità quando cade nella ‘trappola’ di una giornalista che rincorre lo scoop a tutti i costi. Ma ne fa tesoro, e non ci sarà una seconda volta. Il genealogista, di nome Per, è una figura speculare a Jon: incrollabilmente convinto delle potenzialità del proprio metodo, ha in mente di realizzare una banca del DNA e vorrebbe che tutti, nessuno escluso, si sottoponessero al test. Entrambi determinati fino all’ostinazione, condividono anche l’inevitabile solitudine di chi percorre un cammino difficile, ma si sforzano di uscirne per venire incontro a un figlio, nel caso di Jon, e a una figlia, in quello di Per, che hanno consapevolmente trascurato ma non per questo meno amato. E si sforzano di uscirne anche per trovare un accordo tra loro quando rischiano di trincerarsi su posizioni opposte: Jon, che all’inizio chiamava in causa costantemente il tempo – ‘le prossime due ore saranno cruciali’, ‘siamo vicini all’arresto’, ‘ogni secondo, ogni minuto conta’ –, ora non ne ha più, di tempo, da concedere a Per, che invece ne esige altro, per portare a compimento le indagini con il suo metodo.

Se il detective dedito al bene comune nonostante le problematiche personali è una tematica classica del noir scandinavo, anche gli elementi stilistici di questo genere ci sono tutti, ma declinati secondo lo stile essenziale di questa serie: le tipiche distese boschive e i paesaggi innevati fanno da sfondo, senza mai prevalere, alla camminata veloce quotidiana di Jon, che è anche un ex atleta olimpico; i grigi e gli azzurri, che sono le tonalità cromatiche più usate nel genere nordico, si stemperano in un discreto bianco cenere; gli interni si adeguano al ben noto less is more ma senza velleità di design, privilegiando la funzionalità e il comfort dell’ambiente. Il tema dell’immigrazione, e in particolare della difficoltà che la Svezia incontra al proprio interno quando tenta di integrare socialmente gli immigrati, è rappresentato dalla famiglia del piccolo Adman che, dopo il delitto, si vede costretta a trasferirsi altrove. E anche dal dubbio che sfiora Jon all’inizio: Gunilla insegnava in una scuola per stranieri, il killer potrebbe venire da lì?…

Per creare suspense, La prova non si affida né a colpi di scena né a cliffhanger, ma soltanto alla rarefatta atmosfera di dolore che avvolge il racconto come quella neve che sembra destinata a non sciogliersi più. La transizione tra una sequenza e l’altra è sottolineata da lente carrellate avanti che riprendono sempre lo stesso paesaggio, quello della skyline cittadina, come per indicare che la soluzione è lì, proprio lì dove tutto è cominciato. Jon lo sa da sempre e non ha mai smesso di chiedersi come faccia l’assassino a passare inosservato. E mentre la tensione sale, la risposta a questa domanda, più semplice e nel contempo più angosciante di quel che si potrebbe pensare, arriverà dalla puntuale e rassicurante scientificità del metodo di Per, ma innescata da una di quelle imperscrutabili coincidenze che tessono la trama della vita. Scelta felice quella di non tradurre letteralmente il titolo originale, genombrottet, ‘svolta’, optando per prova che, nella sua ricchezza di significati, va dritto al punto per quanto concerne l’ambito giuridico e abbraccia nel contempo altri aspetti di questa drammatica storia vera.

Voto: ★★★★

Lucia Corradini