Regia:  Ben Taylor

Sceneggiatura: Jack Thorne

Fotografia: Jamie Cairney

Genere: biopic drama

Cast: Bill Nighy, Thomasin McKenzie, James Norton

Durata: 115’

Origine: UK

Anno: 2024

Piattaforma: Netflix

L’infermiera Jean Purdy viene assunta come ricercatrice all’Università di Cambridge e inizia a lavorare per il dottor Robert Edwards, biologo specializzato in fecondazione artificiale. Insieme riescono a convincere il chirurgo ostetrico Patrick Steptoe a unirsi al progetto di ricerca per l’IVF, portando così un’incredibile rivoluzione in ambito scientifico. Pionieri tenaci che nonostante le molteplici difficoltà lotteranno assieme per realizzare ciò che all’inizio sembrava un sogno irraggiungibile, osteggiato e deriso, ma quella stessa pratica inizialmente accolta con sospetto oggi è considerata del tutto normale. Il loro lavoro riuscirà, dopo diversi tentativi ed ostacoli, nel corso di dieci anni di ricerca, a dare alla luce la prima bambina concepita in vitro: nel 1978 nasce Louise Joy Brown.

A partire dai titoli di testa si viene già immersi nel fulcro della narrazione, con immagini al microscopio dell’estrazione di ovuli, e l’incipit punta dritto al pretesto narrativo da cui la storia si sviluppa: seguiamo la protagonista che si dirige al colloquio di lavoro che le stravolgerà la vita mentre il voice over del dottor Edwards racconta dell’importanza di Purdy nel progetto. Sarà il vero Edwards, infatti, a contestare la mancanza dell’inserimento del nome della collega nella targa commemorativa affissa all’ospedale di Kershaw, riuscendo a farne affiggere una nuova nel 2015.

I personaggi sono ben descritti fin dai primi istanti in cui appaiono, ognuno caratterizzato in modo articolato e bilanciato, con piccoli eccessi per delineare in modo evidente le peculiarità di ciascuno. Purdy è una ragazza semplice, gentile e audace al tempo stesso, molto credente e affezionata alla sua Chiesa. Quando comincia a lavorare per Edwards, viene messa però di fronte a una scelta drastica e decide di dedicare la propria vita alla scienza, a costo di interrompere i rapporti con la propria comunità e addirittura con la sua stessa madre. Il senso di giustizia è una delle tematiche principali del film, a cui si affiancano specismo, rapporti familiari e, come anticipato, il contrasto tra religione e scienza, contestualizzato alla fine degli anni ’60 e l’inizio dei ‘70.

Affetta da endometriosi, argomento non ancora abbastanza citato né studiato tutt’oggi, la protagonista affronta una scissione interiore e riesce ad essere l’anello che congiunge Edwards e Steptoe permettendo al progetto di riuscire positivamente. All’inizio lei stessa, anche per salvaguardarsi, resta distaccata ma poi si affeziona alle donne che si stanno mettendo a rischio per permettere gli esperimenti sul loro corpo. L’incredibile tenacia dei tre personaggi viene trasmessa allo spettatore e coinvolge in prima persona, rendendola una delle storie vere più appassionanti tra i biopic prodotti negli ultimi anni.

Molto romanzata ma piuttosto fedele alla realtà, la storia segue un andamento narrativo coerente e completo, andando a toccare i punti fondamentali della vita di Jean Purdy in relazione al progetto di ricerca. Ottima ricostruzione d’epoca e classico svolgimento degli eventi, dove si alternano speranza e fallimento fino alla grande vittoria finale, esaltata in modo eclatante come di norma in questo genere di film. Alcune coincidenze risultano un po’ forzate e prevedibili, ma nel complesso è un buon prodotto, palesemente concepito al fine di celebrare il progresso occidentale con i tipici toni della piattaforma, vistosi e un po’ melensi.

Perfetto per una serata in famiglia, leggero nonostante le tematiche affrontate e incentrato su un argomento molto interessante, anche se focalizzato più sui personaggi e sulla trama che non sulle effettive informazioni scientifiche. Non si tratta decisamente di un docufilm, ma intrattiene in modo piacevole ed è adatto a un vasto pubblico.

Isabella Corsini

Voto : ★★★ e 1/2