Soggetto: Rachel Paterson, Ronald D. Moore

Regia: Matt Hastings, Claudia Bluemhuber, Farhad Mann

Sceneggiatura: Rachel Paterson, Ronald D. Moore, Lauren Kate, Tina Hastings

Montaggio: Joel Varickanickal, Paul G. Day, Miguel Angel Prieto

Cast: Jessica Alexander, Gijs Blom, Timothy Innes, Alexander Siddig, Sarah Niles

Durata: Prima Stagione, 8 Episodi da 50 minuti

Origine: Svizzera, Brasile

Anno: 2024

Piattaforma: RaiPlay

Sullo sfondo di un tenebroso notturno, una ragazza di diciassette anni, Lucinda Price, lasciandosi alle spalle le fiamme dell’incendio in un palazzo, fugge dalla polizia con una corsa a perdifiato, passando attraverso una stazione della metropolitana e un ponte fino a raggiungere una buia cattedrale, dove appaiono delle ombre, visioni che le è capitato di avere fin da bambina e per le quali era stata seguita da medici come mostra un veloce flashback. Si ritorna al presente e Luce, accusata di incendio doloso e omicidio colposo (per l’inspiegabile morte di un suo amico) viene condannata in tribunale a una riabilitazione psicologica di due anni in un elegante Istituto privato di cura. Fin dal suo ingresso alla Sword&Cross  constata che si tratta di una prigione di lusso dove ogni istante della sua vita sarà sotto lo stretto controllo della vigilanza e delle telecamere. Inizia a conoscere altri pazienti fra cui Cam, che ostenta sicurezza e un certo sprezzo del luogo, Arriane, ragazza della camera confinante con la sua, e Daniel, ragazzo dall’aria scontrosa, che scalpita per evadere, con cui scambia degli sguardi molto intensi. Grazie a Penn, l’amichevole e disponibile figlia del vecchio giardiniere della scuola, visita l’immensa biblioteca dove incontra Miss Sophia, la bibliotecaria, che in risposta a quanto Luce le dice riguardo a una sua presunta visione di qualcosa nel bosco, risponde enigmaticamente: «Sono convinta che il mondo abbia bisogno di persone che vedono cose che altri non vedono». Di lì a poco il tentativo di evasione di Daniel, cui prendono parte anche Cam e Luce, fallisce per tutti e tre e Cam perde la vita precipitando in un burrone. Nel tragitto di ritorno all’Istituto, a bordo delle auto delle guardie, Daniel lascia intuire a Luce che si sono già conosciuti in un passato imprecisato e una volta rientrati nel Campus lei, mentre viene condotta in una stanza di isolamento, intravede Cam camminare nei corridoi.

In bilico fra il postmoderno e l’antico, strizzando l’occhio al Medioevo, la serie tv Fallen tratta dalla celebre tetralogia di Lauren Kate, paranormal romance del 2009, sembra far rivivere a distanza di secoli, mutatis mutandis, le atmosfere del tòpos della caccia infernale. All’opposto dei protagonisti della caccia spettrale narrata nella novella di Nastagio degli Onesti di Boccaccio, che – al di là dell’apparente dinamica fra vittima (il personaggio femminile) e carnefice (il personaggio maschile), – sono entrambi colpevoli (di gelida indifferenza verso l’innamorato, lei, e di suicidio per amore non corrisposto, lui) e quindi condannati a rivivere in eterno il loro dramma come forma di espiazione, i protagonisti di Fallen sono entrambi vittime di una comune e misteriosa condizione, ma parimenti destinati al perpetuo rinnovarsi della loro sventura senza possibilità di scampo. Tutto ciò viene cinematograficamente raccontato attraverso una cornice sontuosa e gotica, a tratti sorprendente, che affonda le sue radici nell’originale letterario della Kate. Ma non solo. Il fronteggiarsi degli schieramenti del Bene e del Male degli angeli caduti riecheggia la struttura in verticale della Gerusalemme liberata di Tasso, in cui il conflitto terreno fra crociati e pagani viene rispecchiato e ampliato dalla contrapposizione fra angeli e demoni, che entrano letteralmente nella trama delle vicende arricchendole con un contenuto magico dal significato etico.

La serie mostra inoltre di avere a livello strutturale una significativa compattezza e una coerenza  studiata fin nei dettagli, dettagli che fanno davvero la differenza rispetto al film omonimo realizzato nel 2016 da Scott Hicks: si potrebbe dire che Fallen riguadagna con la serie quanto aveva perso nella trasposizione in un film che, relegando la vicenda nell’arco di novanta minuti, aveva creato una commistione indecisa di troppi generi, dove la sostanza dei contenuti finiva per sbriciolarsi in una giostra di effetti speciali. Pur con qualche punto di fragilità, quale per esempio qualche eccesso di enfasi nella recitazione della protagonista quando in preda allo spavento, talvolta in modalità un po’ gratuita e innaturale, oppure il sovrabbondante dispiego di mezzi – tecnologici e non solo – nell’allestimento scenografico del corpo di vigilanza e dei meccanismi di sorveglianza dell’Istituto, che tende a rendere lo scenario vagamente fantascientifico e iper-costruito, si devono riconoscere un ritmo narrativo adeguatamente alto e una significativa eleganza di richiami verbali e visivi che ruota attorno alla simbologia, elemento chiave del Medioevo avvezzo a rivestire di un significato allegorico tanta parte della realtà e della letteratura: dal titolo stesso del pilot, Sword and Cross, all’immagine della spirale di ali nella sigla d’apertura, al simbolo geometrico nel pavimento intarsiato della lussuosa casa di cura e riabilitazione, – sofisticata prigione paragonabile a una gabbia dorata -, al raffinato arredo dello studio del suo proprietario, il dottor Howson, in cui elementi di contorno quali un mappamondo, un cannocchiale e un soprammobile che gioca con le leggi della fisica, fra magneti ed equilibri, seducono lo spettatore per la loro potenza evocativa e per la patinata armonia della composizione fotografica.

Altrettanta attenzione per i particolari si ritrova anche nei movimenti di macchina, fra inquadrature plongée a creare un effetto di vertigine ed altre contro-plongée a emanare imponenza, imitando da lontano qualche tratto distintivo dell’Espressionismo tedesco degli anni Venti, così come nei contrasti fra oscurità e luminosità, fra cui il più interessante dell’intero primo episodio risulta quello fra il buio del tribunale dove la protagonista ascolta il verdetto relativo alla sua reclusione a scopo riabilitativo, e dove tutti i presenti, inclusi i genitori della ragazza, appaiono più come ombre che come esseri umani – attraverso una sorta di estetica inversione dei ruoli -, e la luminosità dello spazio aperto immerso nel verde delle scene successive, ambientazione che fa da sfondo all’Istituto-Campus.

A catturare lo spettatore  –  con una malìa simile a quella con cui nel poema di Tasso la selva di Saron era stata stregata dal mago Ismeno e il paladino Rinaldo era stato imprigionato dalle arti magiche della maga Armida, – resta in definitiva la posta in gioco emotiva: con la stessa inesorabilità del malvagio incantesimo che nel famoso Ladyhawke di Richard Donner del 1985 costringeva due innamorati, nell’antico Duecento, a non potersi mai incontrare in forma umana tranne che per un breve istante al calar delle tenebre e al sorgere del sole, Luce e Daniel, nella loro storia di ambientazione contemporanea, devono scontare, prigionieri di un eterno ritorno dell’uguale, la spietata condanna di tornare a rivivere infinite volte, sotto mutate forme e in differenti sembianze, una misteriosa tragedia.

Jleana Cervai

Voto : ★★★★