Regia: Minkie Spiro, Kate Dennis

Soggetto: da All Her Fault di Andrea Mara

Sceneggiatura: Meghan Gallagher, James Smythe, Phoebe Eclair-Powell

Genere: Thriller

Cast: Sarah Snook, Jake Lacy, Sophia Lillis, Abby Elliot, Jay Ellis, Daniel Monks, Duke McCloud, Dakota Fanning, Michael Peña.

Durata: 8 episodi di 45-56 minuti

Origine: Regno Unito, Stati Uniti d’America

Anno: 2025

Piattaforma: Sky Atlantic

 

Marissa Irvine va a prendere Milo, il suo bambino di cinque anni, a casa di Jacob, un nuovo compagno di scuola. Ma all’indirizzo che le è stato dato non ci sono bambini, e la donna che le apre non sa chi sia Milo. In breve, Marissa si rende conto che suo figlio è scomparso. Tornata a casa e raggiunta precipitosamente dal marito, Peter, cerca di capire insieme a lui cosa sia potuto accadere. Ai due si uniscono dapprima Colin, socio in affari e amico di Marissa, poi il fratello e la sorella di Peter. Più tardi arrivano Ana, la giovane babysitter degli Irvine, e Jenny, la mamma del piccolo Jacob. Ma irrompe anche la notizia che Milo è stato prelevato a scuola da una ragazza di nome Carrie Fisher. Carrie è la babysitter assunta di recente da Jenny, e nessuno riesce a immaginare perché abbia messo in atto quello che ormai è inequivocabilmente un rapimento. In mezzo allo sconcerto generale sopraggiunge anche il detective Alcaras, incaricato di occuparsi del caso.

Chicago, un qualsiasi pomeriggio d’autunno, un elegante quartiere residenziale, una donna in cappotto cammello dall’aria sicura. Per farsi strada nel primo episodio di questa serie, tra i privilegi delle vite dei ricchi, come gli abiti costosi, la casa con piscina e le babysitter, conviene prendere in considerazione alcune tematiche che vanno delineandosi sotto la patina di perbenismo e tranquilla quotidianità che avvolge ogni cosa. Marissa e Jenny rappresentano la tipica madre non più giovanissima, con un figlio solo, la donna in carriera che non vuole rinunciare né alla maternità né alle soddisfazioni professionali. Ma il prezzo da pagare è alto e variegato: le responsabilità aumentano, i tentativi di delegare almeno una parte degli impegni non sempre vanno a buon fine, il giudizio degli altri le attende al varco e il carico emotivo rischia di travolgerle. Sono donne che aspirano a essere perfette e nel contempo sono stanche di essere perfette.

La solidarietà femminile, in questo caso, deriva dalla condivisione di uno stile di vita: Marissa e Jenny si conoscono di vista perché i loro figli frequentano la stessa scuola, e diventano amiche nella toilette di un locale, dove entrambe si rifugiano durante la festa riservata ai genitori per prendersi una pausa dal clima generale, che trovano opprimente. Nel confronto con le madri a tempo pieno si sentono perdenti, e sono sempre vittime di un sottile senso di colpa perché non si dedicano in toto ai loro figli. Jenny (interpretata da un’ottima Dakota Fanning) si ritroverà involontariamente coinvolta nella scomparsa di Milo, eppure tra lei e Marissa non subentra alcuna diffidenza, anzi, quella circostanza estrema che le unisce contribuirà a creare tra loro un legame profondo, così come il particolare frivolo di indossare casualmente lo stesso abito alla festa dei genitori le aveva aiutate a rompere il ghiaccio.

Ed ecco che entrano in gioco i mariti, oggetto delle loro confidenze: non sono disponibili alla divisione dei compiti, non vanno a prendere il bambino a scuola, non lo accompagnano a una festa. Peter, il marito di Marissa e padre di Milo, è quel genere di uomo così convinto che spetti a lui tenere saldamente in pugno le sorti della famiglia (che in questo caso include anche i fratelli) da prendere decisioni anche per conto degli altri, senza consultarli, perché soltanto lui sa cosa va fatto, tanto nelle piccole cose quanto nelle questioni importanti. Incrollabilmente certi di essere mariti e padri devoti, questi uomini trovano sempre una giustificazione, ai propri occhi e a quelli degli altri, per i propri comportamenti e le proprie scelte. E riescono, in ultima analisi, ad autoassolversi in ogni circostanza ponendosi al centro del mondo.

Nella famiglia Irvine si percepisce una tensione nascosta. Tra Peter e i suoi fratelli si avverte qualcosa di non detto: mezze frasi, risposte criptiche, sguardi sfuggenti suggeriscono che, per seguire le tracce di Milo, occorre avventurarsi proprio in famiglia. Quanto a Marissa, la sera della festa per i genitori Jenny scorge una vistosa cicatrice sulla sua spalla, messa a nudo casualmente dall’abito da cocktail. Distoglie subito lo sguardo e fa finta di niente, ma per lo spettatore quel segno è un indizio: quella cicatrice estesa forse rimanda a ferite profonde. All Her Fault è costruita sulle sorprese, sul ritmo e sulla suspense, caratteristiche preannunciate fin dall’immediatezza della prima sequenza, dove si entra subito in medias res, senza alcun preambolo. La regia spicca per essenzialità, evitando ogni autocompiacimento e lasciando spazio alle interpretazioni, quasi tutte pregevoli, dei singoli.

Il pilot termina con un inatteso flashforward: ‘Gente così perbene che si uccide a vicenda’ commenta il detective Alcaras davanti alle foto di tutti i personaggi principali della storia, trasferendo improvvisamente lo spettatore a ventisette giorni dopo i primi, incerti passi delle indagini. La frase, enigmatica per chi ha assistito soltanto (e non è poco) alla misteriosa scomparsa di un bambino, appare come un cliffhanger perfino eccessivo. C’è invece un’altra frase, pronunciata da Marissa in lacrime all’inizio, che vuol dire molto più di quel che sembra, e potrebbe essere il fil rouge dell’intera serie: ‘Non so dove sia mio figlio’. Nelle sue intenzioni, è come se sottintendesse la gravità di non saperlo: non è stata abbastanza attenta, è Tutta Colpa Sua. Ma senza che lei lo sappia, la sua frase ha un ulteriore significato, il più cruciale, che emergerà alla fine.

All Her Fault si ispira all’omonimo romanzo della scrittrice irlandese Andrea Mara, che racconta la scomparsa di Milo da tre punti di vista diversi. La serie invece vede come protagonista assoluta Marissa, interpretata dalla bravissima Sarah Snook, già Shiv Roy in Succession. In una parte dove era fin troppo facile scivolare nel patetico e nel piagnucoloso, Snook ha le lacrime agli occhi quasi tutto il tempo, eppure quell’incomparabile intensità che contraddistingue le sue interpretazioni non viene mai meno, e la sua fragilità di madre ferita ha una forza straordinaria. Tra i motivi per guardare questa serie, la sua presenza ha un posto di riguardo.

Voto: ★★★

Lucia Corradini