Louis Malle – Tra finzione e realtà
a cura di G. Zappoli e F. Vergerio
Moretti e Vitali Editori, Bergamo, 1995
pagine 376, € 25,00
Di volta in volta Malle è stato giudicato un regista “ classico” anche ancora convenzioni tradizionale , oppure innovatore, magari subito dopo un film palesemente provocatore ironico nei confronti delle ”regole” e delle mode del racconto filmico ( in particolare dopo Zazie nel metrò), Non cogliendo invece la grande rivoluzione morale del linguaggio filmico de L’India fantasma. Si è spesso trovato strana se non addirittura contraddittoria l’alternanza fra film di finzione e film documentari. Ma questa contraddizione è solo apparente soprattutto a partire da L’India fantasma (1968): la disponibilità senza pregiudizi, il rispetto e la curiosità nei confronti della realtà ripresa e/o rappresentata sono elementi comuni a tutti i film di Malle. poiché negli anni ‘50 e ‘60 ogni film appariva un inaspettato exploit ( forse fastidioso per qualcuno che lo considerava un enfant gaté), Ecco allora che non si trovava di meglio che usare la vecchia formula del “ regista dotato, ma senza una linea stilistica originale e personale” personale. l’unità della sua ricerca linguistica si è imposta lentamente, poco alla volta. solo tardi ci si è resi conto che Malle era capace di trovare il ”tono” ( e il linguaggio, e lo stile) giusto, funzionale ai temi e ai soggetti apparentemente tanto diversi, ma riconducibili alla stessa “ del di un autentico sguardo creatore, cioè una maniera particolarissima di impadronirsi di ’grandi soggetti’ per smorzare lì con il pudore del trattamento, di ripiegare la storia sul quotidiano andando sempre a cercare le piccole cause dei grandi effetti, di illustrare i concetti con qualcosa di umano, in breve di apprendere e di comprendere le cose complesse invece di dar loro una spiegazione semplificatrice”. più che della in coerenza linguistica, Forse alcuni critici si sono fatti trarre in inganno dalla diversità ( apparente, ripetiamolo sino alla noia ) dei soggetti affrontati. Malle in effetti tende a scomparire come origine creatore dell’immagine, il suo linguaggio o belisce alla regola della “ tra trasparenza”, nel suo caso non per conferire una falsa illusione di realismo hollywoodiano e quindi per condizionare meglio lo spettatore ma per far parlare la da sola la realtà rappresentata che ha una sua intima ragione d’essere punto come vedremo meglio, il cinema di Malle e cinema di emozioni controllate più che di produzione in posizione intellettuale di immagini che che abbiano la pretesa autoritaria di “ spiegare” il mondo.
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