Regia: Philip Barantini

Sceneggiatura: Stephen Graham e Jack Thorne

Genere: Crime drama

Cast: Owen Cooper, Stephen Graham, Christine Tremarco, Ashley Walters, Amelie Pease, Faye Marsay Erin Doherty

Durata: 4 episodi (50-60 minuti)

Origine: Gran Bretagna

Anno: 2025

Piattaforma: Netflix

Sinossi

Una squadra di poliziotti in tenuta anti sommossa irrompe all’alba nella vita di una famiglia ancora a letto. Dopo aver buttato giù la porta d’entrata, senza dare alcuna spiegazione ai genitori, le forze dell’ordine raggiungono la camera del figlio tredicenne, Jamie, e lo dichiarano in arresto. Mentre alcuni uomini rovistano ovunque, l’ispettore capo e un tutore portano il ragazzo alla stazione di polizia, per le prime formalità, e poi lo chiudono in una cella, in attesa dell’avvocato. Jamie è accusato di aver ucciso una compagna di classe: al padre giura di non aver fatto nulla, ma alla fine del primo colloquio, la polizia mostra ai due un video in cui si vede chiaramente Jamie seguire la ragazza e, dopo un breve diverbio, colpirla violentemente e ripetutamente con un coltello. La polizia cercherà di capire quale motivo ha spinto il ragazzo a un tale gesto. Il quadro che emerge dalla visita a scuola (episodio 2) e dal colloquio con la psicologa sette mesi dopo l’arresto (episodio 3), è inquietante. Nel quarto e ultimo episodio è passato più di un anno. Gli sforzi della famiglia per ritrovare un’apparente normalità sono ammirevoli, ma le domande sono ancora tante.

Recensione

La violenta irruzione in casa nei primi minuti della miniserie ha proporzioni smisurate; Jamie ha un viso innocente, è un ragazzino, si tratta sicuramente di un errore. Le modalità dell’intervento armato sono sconcertanti; impossibile stare dalla parte della polizia. L’ansia negli occhi di Jamie è pari alla nostra. La tensione resta alta per tutto l’episodio, la percepiamo chiaramente perché il nostro sguardo coincide con l’obiettivo della telecamera che non si stacca mai dalla scena, dall’arrivo dei furgoncini davanti a casa fino alla scoperta del video che svela l’identità dell’omicida. Quasi trattenendo il respiro seguiamo Jamie durante il trasferimento in auto e poi l’inizio della giornata alla stazione di polizia, il viavai di impiegati nei corridoi, porte che si aprono e si chiudono; nessuna spiegazione, solo formalità burocratiche, è la prassi. Il momento della completa perquisizione del ragazzo è uno dei momenti più intensi del primo episodio, perché lo spettatore vede solo il viso del padre e le spalle dell’avvocato sullo schermo: la voce del poliziotto che dice al ragazzo cosa deve fare proviene da un fuori campo. Quando finalmente tutto è pronto per il primo interrogatorio, la camera ruota lentamente attorno ai presenti e poi si sofferma sui loro visi scrutandoli, e in pochi attimi la situazione diventa chiarissima.

La stessa modalità di ripresa è mantenuta per tutti e quattro gli episodi, si tratta di quattro lunghissimi e unici piani sequenza: un esercizio complesso ma riuscitissimo. La recitazione di tutti è brillante ed efficaci sono i testi dei dialoghi, soprattutto quelli della famiglia.

Le sigle degli episodi sono diverse sebbene mostrino tutte fotografie del passato: foto di Jamie, visi di adolescenti, ritratti di famiglia, tutte scene di vita felice. Di altro genere le fotografie che compaiono invece nell’evolversi della storia, foto pubblicate e commentate su Instagram, molto meno rassicuranti.

Non si tratta di una storia vera, ma di un evento verosimile, dice l’ideatore nonché interprete (nel ruolo del padre del ragazzo) della miniserie britannica, Stephen Graham. Fatti come questo sono in effetti purtroppo cronaca frequente negli ultimi anni. I giovani non riescono più a dominare la loro rabbia, gli adulti non sanno darsi risposte, in balia ai loro sensi di colpa. Ma malgrado la sofferenza uno spiraglio di speranza c’è, ed è sempre all’interno della famiglia che nascerà.

Voto: ★★★★★

Claudia Bersani