1° episodio Cenerentola
Regia: Yöko Kanamori
Soggetto e sceneggiatura: Michico Yokote
Caracter design: CLAMP
Piattaforma: Netflix
Una serie antologica che prevede la rilettura di fiabe dei fratelli Grimm in una versione che si potrebbe definire maliziosa. Nel primo episodio abbiamo Cenerentola, che si chiama Kiyoko, che apparentemente è felice per il fatto che il padre si risposi. Solo apparentemente però perché è pronta per sviluppare una strategia che metterà la matrigna e le sorellastre in grosse difficoltà.
C’erano una volta. Così può iniziare la recensione di questa serie antologica. C’erano una volta fiabe con il lieto fine e con uno sviluppo ormai entrato nell’immaginario collettivo come immutabile. Invece questa connessione tra le fiabe dei fratelli Grimm e la narrativa horror giapponese declinata al femminile dimostra la possibilità del contrario. Oltre a Cenerentola, al centro del pilot, ci si occupa di Cappuccetto Rosso, Hansel e Gretel, Gli gnomi, I musicanti di Brema e del Pifferaio magico. Intendiamoci: non si tratta di parodie ma di vere e proprie riletture che hanno alla base un filo di perverso piacere sin dal momento dell’ideazione. Le Clamp, un collettivo di mangaka shojo femminile che negli anni ’90 hanno ottenuto grandi successi, hanno fornito venti tavole da cui estrapolare il character design dei personaggi principali.
Ne è nata una serie che potrebbe essere utilizzata nelle scuole di sceneggiatura per mostrare come da un plot di base si possano poi elaborare percorsi davvero interessanti. La Cenerentola Kiyoko, insieme alla bambola con cui si confida, elabora una strategia che si potrebbe definire diabolica nei confronti delle sorellastre e della matrigna (per non parlare del padre). Cercando di evitare lo spoiler va detto che gioca su una esibizione di falsa gioia per i nuovi arrivi, comprende l’astio che corre tra le sue sorellastre e impone la propria finta umiltà per poi utilizzarla contro di loro volgendola a proprio favore. In definitiva il trionfo di Cenerentola/Kiyoko viene ottenuto non come riscatto dall’umiliazione ma come esito di un complesso gioco di gatto con il topo che non la vede come vittima ma piuttosto come carnefice. Si tratta di un evidente ribaltamento di prospettiva condotto con una raffinatezza molto nipponica.
Giancarlo Zappoli
★★★ 1/2