Titolo originale: Foe
Regia: Garth Davis
Soggetto: Iain Reid
Sceneggiatura: Garth Davis, Iain Reid
Fotografia: Mátyás Erdély
Genere: drammatico, thriller, fantascienza
Cast: Saoirse Ronan, Paul Mescal, Aaron Pierre
Durata: 110’
Origine: USA, Australia, Regno Unito
Anno: 2023
Piattaforma: Amazon Prime Video
2065: la Terra è a corto di risorse naturali, le città sono sovrappopolate, le campagne abbandonate. Per farvi fronte, il governo americano ha avviato un progetto di colonizzazione dello spazio.
In una fattoria del Midwest, i coniugi Hen e Junior trascorrono la vita in solitudine. Il loro matrimonio è in crisi, logorato dalle tendenze possessive, dall’attaccamento alla terra dell’uno, così come dal desiderio di cambiamento e libertà dell’altra. Una notte, un funzionario dello stato, Terrance, si presenta alla fattoria annunciando che Junior è stato selezionato come colono; e, durante la sua assenza, sarà sostituito da un clone che terrà compagnia a Hen. La consapevolezza del distacco imminente e l’intromissione di Terrance nella vita della coppia, pur acuendone le tensioni, ravvivano la relazione nel segno di una passione disperata.
Fulcro del film, al di là della cornice distopica, è il rapporto tra Hen e Junior, che il regista tenta di indagare nelle minime e impercettibili evoluzioni, nelle parole inespresse, nelle meccaniche meno razionali. L’occhio di Garth Davis scava nel normale vuoto quotidiano, quasi cogliendo le tensioni incomunicabili che tormentano i coniugi, assieme ai loro moti interiori, immuni da qualsiasi definizione.
Le grandi ambizioni della regia, però, non riescono a realizzarsi a pieno, a causa di una sceneggiatura e di una direzione degli attori confuse. Davis sa guardare i suoi personaggi, sa quanto e quando esplorarne i volti con la cinepresa, ma la loro psicologia ha poca sostanza e numerose incoerenze di scrittura. Il tentativo di ritrarli schiettamente, con tutte le ambiguità e le reticenze proprie della natura umana, è vanificato dai tratti grossolani imposti ai loro caratteri: una grettezza innaturale appesantisce Junior e ne compromette la complessità dell’indole, che tenta di emergere attraverso parole, gesti, scatti d’ira forzatamente incomprensibili, d’ostacolo al ritratto di una personalità realistica; più autentica e tollerabile, invece, la scrittura di Hen, nonostante gli squilibri tutt’altro che spontanei della sua psicologia.
Le fasi della loro relazione — e quindi del film — si articolano in un accumulo disordinato di dissidi e ricongiungimenti, esasperati dal punto di vista emotivo e privati a forza di ogni nesso logico. Ciò, grazie al sapiente uso della cinepresa, potrebbe anche avere la parvenza di uno studio rigoroso della vita coniugale, se, perlomeno, fosse stata evitata una macroscopica ingenuità: il peso eccessivo dato alla cornice distopica. È un film di corpi e di volti, nient’altro che l’indagine della crisi di una coppia entro le mura di una fattoria. Perciò, il fatto che le cause scatenanti tale crisi siano di matrice fantascientifica, è una scelta priva di reale rilievo nell’economia del racconto. Oltretutto, l’imminente partenza per lo spazio del protagonista e la necessità — che rasenta l’assurdo — di rimpiazzarlo con un clone rompono l’equilibrio iniziale in modo troppo eclatante rispetto agli sviluppi intimistici della narrazione. Sono artifici fini a sé stessi, volti a stupire lo spettatore e a porre i presupposti per un colpo di scena finale, altrettanto superfluo. E a tutto ciò si aggiunge l’invadenza di Terrance, che non è altro se non un ulteriore tentativo di esasperare il conflitto coniugale.
L’incomunicabilità, dunque, può essere una chiave interpretativa de Il nemico, a patto che la si intenda come ricerca forzata dell’incomprensibile — con tanto di simbolismi ermetici, tra cui si segnala, per il particolare fastidio che è in grado di suscitare, la presenza insistente e inspiegabile di insetti. Così, con eloquenza e meticolosità, Garth Davis dimostra di non essere Antonioni.
Riccardo Papillo
Voto: ★★